Dal 2016 il regime forfettario diventa più conveniente, grazie, in primo luogo, all’innalzamento di 10mila euro (e 15mila euro per le attività professionali ed equiparate) delle soglie di ricavi e compensi previste per l’accesso. Occorre, quindi, verificare se i ricavi di competenza o quelli incassati dagli imprenditori che hanno applicato il regime dei minimi ovvero i compensi percepiti nel 2015 superano i nuovi limiti. Non rileva, quindi, l’eventuale superamento della soglia precedentemente stabilita (da parte, ad esempio, dei professionisti che avessero conseguito più di 15mila euro) se si rientra comunque nell’ambito di quella nuova (di 30mila euro). Nell’anno di inizio dell’attività si può sempre fruire di tale regime, a prescindere dai corrispettivi effettivamente conseguiti.
In presenza di nuove attività produttive, chi si è avvalso nel 2015 del regime forfettario ha potuto fruire, per il periodo d’inizio dell’attività e per i due successivi, della riduzione di un terzo del reddito. Dal 2016 si applica, invece, l’aliquota del 5% per i primi 5 anni di attività: è stata, quindi, riprodotta la stessa disciplina del regime dei minimi, eliminando, però, la previsione del prolungamento dell’applicazione dello stesso fino al compimento del 35° anno di età. Inoltre i contribuenti che nell’anno precedente hanno intrapreso una nuova attività avvalendosi del regime forfettario possono applicare l’aliquota del 5% nei successivi 4 anni, cioè dal 2016 al 2019.
La Stabilità 2015 (legge 190/2014) aveva previsto che le persone fisiche che nel 2014 si erano avvalse del regime dei minimi avrebbero potuto continuare a fruirne fino alla scadenza naturale. Con la conversione del Milleproroghe dello scorso anno (Dl 192/2014) è stata consentita la scelta dello stesso anche nel corso dell’anno 2015. Si ritiene che in tali casi, in mancanza di una espressa previsione contraria, i contribuenti interessati possano continuare a fruire del regime di vantaggio fino alla sua naturale scadenza e quindi eventualmente fino al 35° anno di età.
Si può accedere al regime forfettario se nell’anno precedente sono stati percepiti redditi di lavoro dipendente e assimilati di ammontare non superiore a 30mila euro e la verifica è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato. Si ritiene che quest’ultima precisazione non possa riguardare i titolari di redditi da pensione, perché la relazione di accompagnamento ha chiarito che si intende evitare che possano beneficiare di tale regime i contribuenti che nell’anno precedente hanno conseguito livelli reddituali piuttosto elevati, a prescindere, quindi, dalla natura degli emolumenti percepiti.
È stata, infine, ridotta del 35% la contribuzione ordinaria degli artigiani e commercianti e abolita la precedente possibilità di esonero dal minimale.

I proprietari che affittano una casa a canone concordato dal 2016 avranno uno sconto del 25% su IMU e TASI. Si salva il canone "superscontato" pagato dal 7 aprile 2011 al 16 luglio 2015 dagli inquilini che avevano denunciato i proprietari in base alle norme del Dlgs 23/2011  poi dichiarate incostituzionali.

Il 16 giugno 2016 i proprietari di immobili saranno chiamati alla cassa per l'acconto IMU e TASi. Non ci saranno più i possessori di prime case con la sola eccezione delle case di lusso (cat. catastali A/1, A/8, A/9). Esentate anche fino a un massimo di tre pertinenze, una per categoria catastale (C/2, C/6, C/7). Dove il Comune l'aveva introdotta è anche abolita la Tasi pagata dall'inquilino che affitta una casa come abitazione principale.

Si è inoltre intervenuti anche per gli immobili concessi in comodato ai figli, non dovendo più passare per la delibera comunale ai fini dell'assimilazione di tali immobili ad abitazione principale. E' infatti ex lege la riduzione del 50% della base imponibile IMU per gli immobili dati in comodato ai figli a condizione che a) il contratto di comodato sia regolarmente registrato; b) il comodante possieda un solo immobile in Italia; il comodante risieda anagraficamente nonchè dimori abitualmente nel comune in cui è ubicato l'immobile concesso in comodato.

NB. Nel caso di bene concesso ai figli, viene da chiedersi quale sia l'aliquota applicabile per il calcolo se l'aliquota prima casa o quella per gli altri immobili. A parere di chi scrive si applica l'aliquota per le altre abitazioni in quanto non si tratta di un'assimilazione ad abitazione principale bensì di una vera e propria agevolazione. 

Nuova chance per l'adesione

Arriva la possibilità di essere riammessi a un piano di adesione o acquiescenza. Chi è decaduto nei 36 mesi antecedenti il 15 ottobre 2015 potrà proseguire la rateazione originaria, limitatamente alle imposte dirette, versando entro il 31 maggio 2016 la prima rata scaduta e non pagata. Una volta eseguito il versamento, occorrerà fornire entro 10 giorni copia della quietanza all'ufficio competente, il quale sospenderà i carichi eventualmente iscritti a ruolo, ricalcolerà le rate dovute tenendo conto dei pagamenti già effettuati e, una volta verificati i versamenti delle rate residue, provvederà allo sgravio dei carichi già iscritti a ruolo.

Questa mattina su Eutekne è apparso un interessante articolo sull'esenzione ICI degli immobili concessi in comodato da parte degli enti ecclesiastici.

Mi sembra opportuno, anche per l'incarico che ricopro, rendere le osservazioni in esso contenute fruibili a tutta la comunità.

Nell'articolo si dice che gode del beneficio dell'esenzione ICI l’immobile di un ente ecclesiastico concesso in comodato a un altro ente non commerciale della stessa struttura
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25508/2015, è tornata nuovamente sulla questione dell’esenzione ICI per gli immobili ecclesiastici. Nel caso di specie la controversia concerneva l’impugnazione di tre avvisi di accertamento ai fini ICI, per gli anni 2005, 2006 e 2007, in relazione a un complesso immobiliare in Roma, di proprietà di una Fondazione di Culto con sede nello Stato della Città del Vaticano, e concesso in comodato d’uso gratuito a una Onlus, per perseguire le finalità di promozione, educazione e assistenza in favore di studenti universitari.
Per tali motivi, ad avviso della Fondazione, spettava l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del DLgs. n. 504 del 1992.
Dopo gli esiti della Commissione Provinciale e Regionale la Fondazione insisteva in Cassazione nel contestare che non avesse rilevanza il fatto che il bene in questione fosse utilizzato dal comodatario e non dal concedente, anche considerato che il comodatario, sostanzialmente, utilizzava il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussisteva uno stretto rapporto di strumentalità.

Per esperienza diretta posso dirvi che spesso ritroviamo il caso in esame. Ad esempio si può citare la Diocesi che dà in comodato alla Parrocchia per uso aule di catechismo o per uso Caritas. Oppure addirittura direttamente al proprio ente Caritas avente personalità giuridica diversa.